L’inclusione e’ ancora lontana

Nonostante gli obblighi (e le agevolazioni) di legge, le aziende sono indietro nell’inserimento.

Pregiudizi e burocrazia allontanano i disabili dal lavoro.

Economia che vacilla: è colpa dei lavoratori con disabilità?

Ad accendere la questione, le recenti dichiarazioni del Cancelliere Philip Hammond, ministro del Tesoro del governo May, il quale, in audizione alla Commissione parlamentare, ha giustificato così il basso tasso di crescita (0,1%) dell’ultimo trimestre.                                                                                      Imputando, cioè, il deficit all’immissione nel mercato del lavoro di molti lavoratori con disabilità.  In Gran Bretagna sono un milione circa, pari al 47,6% dei disabili inglesi (più del doppio di quelli italiani), a fronte di una popolazione in età lavorativa che sfiora l’80%. Dalle dichiarazioni “pregiudizievoli” alla reazione della Fish, supportata da stampa e società civile, è un attimo. Secondo la Federazione italiana per il superamento dell’handicap infatti, l’affermazione sulla presunta improduttività delle persone con disabilità non solo è da rigettare sotto il profilo etico, ma è un falso dimostrabile con numeri, cifre, storie, trend alla mano.                 

Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio nazionale della salute nelle regioni italiane, in occasione della giornata internazionale delle persone con disabilità del 3 dicembre, si stima che in Italia siano circa 4 milioni e 360 mila le persone che hanno una disabilità. Si tratta del 7,2% della popolazione, la maggior parte delle quali ha oltre 65 anni e vive nelle regioni del Sud.                                          Tra i diritti disattesi, c’è quello al lavoro, nella classe di età 45-64 anni la percentuale di persone in condizione di disabilità occupata è il 18,0%, nel resto della popolazione 58,7%. Risulta occupato il 23,0% degli uomini con disabilità, nel resto della popolazione maschile tale percentuale si attesta al 71,2%; tra le donne con disabilità lavora solo il 14,0% contro il 46,7% delle altre donne.       

La legge che ha stabilito le norme per il diritto al lavoro delle persone con disabilità è la n. 68 del 1999, che prevede l’obbligo di assunzione di almeno una persona con disabilità ogni 15 dipendenti e di una quota pari al 7% quando i lavoratori occupati sono più di 50. Si applica a quattro categorie di cittadini, ovvero: le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai disabili intellettivi, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%; le persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%; le persone non vedenti o sorde; le persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio.                          Un anno fa è entrato in vigore anche il decreto legislativo n. 185, correttivo del Jobs Act. In virtù del quale possono essere computati nella quota di riserva i lavoratori che, già disabili prima la costituzione del rapporto di lavoro, anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, abbiano una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60%. Trascorsi 60 giorni dalla data in cui insorge l’obbligo di assumere soggetti appartenenti alle categorie protette, il datore di lavoro stesso è tenuto al versamento, a titolo di sanzione amministrativa di una somma pari a cinque volte la misura del contributo esonerativo, ovvero 153,20 euro al giorno, per ciascun lavoratore disabile che risulta non occupato nella medesima giornata. Sanzione diffidabile in caso di successiva presentazione della richiesta di assunzione o della stipula del contratto di lavoro con il lavoratore disabile iscritto nelle liste protette.             

Le leggi che tutelano i lavoratori sensibili dunque ci sono, ma le aziende non sempre vi si adeguano, optando per la sanzione al posto dell’assunzione di un disabile.

Il problema è sia nella difficoltà di applicazione delle norme, sia nel pregiudizio del datore di lavoro in merito al tema produttività.

Da un lato, assumere un disabile può diventare oneroso, poiché mancano i dovuti supporti, che dovrebbero essere obbligatori come l’assunzione: pensiamo ad esempio all’acquisto di macchinari e strumentazioni adeguate a mettere il lavoratore disabile in condizioni di poter svolgere le sue mansioni. Dall’altro lato, pesa la considerazione della minore produttività a partire dai manager che si dichiarano propensi ad assumere un lavoratore con disabilità, ma di fatto non lo fanno. La conferma arriva dal confronto tra indagini sull’inclusione lavorativa condotte a livello internazionale, oggetto di «Disability management. Buone pratiche e prospettive future in Italia», convegno organizzato un anno fa su iniziativa di «Best regards Ibm Italia» e Associazione pianeta persona, secondo il quale i disabili, a parità di mansioni, vengono pagati meno rispetto al resto dei loro colleghi.                                               

“I contributi scientifici esaminati si riferiscono principalmente alle esperienze delle grandi aziende”, premette l’autrice dello studio Silvia Angeloni, professore associato all’università del Molise.

“I risultati evidenziano che uno degli errori organizzativi più ricorrenti nell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità è lo scarso coordinamento e la mancanza di dialogo tra le varie figure (all’interno o all’esterno all’azienda) deputate a garantire il buon inserimento lavorativo”. Compito (quello di agevolare un’inclusione «di qualità» della persona con disabilità in azienda) che spetta al disability manager, figura professionale però ancora poco diffusa in Italia. “Alcune grandi aziende hanno cominciato a utilizzare il disability manager perché ritengono che un buon inserimento lavorativo delle persone con disabilità sia un valore aggiunto per l’impresa”, spiega Consuelo Battistelli, diversity engagement partner per Ibm Italia, azienda che aveva iniziato ad assumere persone con disabilità già prima che ci fossero obblighi di legge.

“La parola chiave è produttività, e l’inclusione la favorisce, anzi: una delle spinte propulsive all’innovazione è proprio la diversità, nella mia azienda mi occupo di differenze di genere, culturali, generazionali, con un focus sulle persone con disabilità non solo perché sono non vedente, ma anche per le mie competenze nel campo della formazione per promuovere il coinvolgimento di tutti nell’attività lavorativa, con gli altri team e i manager. Avere team eterogenei vuol dire essere più creativi, ed è dalla creatività che nascono le idee”. L’evoluzione della tecnologia ha inoltre permesso di superare alcuni ostacoli che una persona con una disabilità motoria o sensoriale deve affrontare nella vita di tutti i giorni.

“Se viaggio in treno e non ci sono annunci vocali”, aggiunge Battistelli, “grazie a una app scaricata sul cellulare o sul computer, posso sapere in che stazione mi trovo e quando scendere. E, sempre con una app, attraverso l’audio descrizione, posso vedere un film o leggere libri sul telefonino”.

 

Approfittiamo di questa occasione, per ricordare a chi non lo avesse fatto ancora, di firmare la petizione popolare promossa nel Comune di Taranto, dall’Associazione “Contro le Barriere” ed un gruppo di cittadini denominato “Taranto senza barriere”, iniziata il 23 settembre e che terminerà il 2  gennaio 2018.

La petizione in oggetto chiede al Comune di Taranto:

L’adozione del Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (P.E.B.A.), per garantire la piena accessibilità, a tutti i  cittadini, di tutti gli edifici pubblici e degli spazi urbani.
La ricostituzione della Consulta sulla Fragilità, organismo consultivo del Comune delle Associazioni di disabili che, a causa di un Regolamento dell’Albo delle Associazioni aderenti, troppo restrittivo, ha escluso realtà associative significative, e, tuttora risulta non operativa, e di seguito alla stessa Consulta gli è stata negata una propria sede operativa, individuata ed assegnata dal Comune di Taranto nel 2011, ubicata in Via Friuli 7 a/b (bene confiscato alla criminalità organizzata).
        Qui di seguito vengono riportati i siti presso i quali è possibile ancora firmare la presente petizione:
·       Associazione “Contro le Barriere” – Via Cugini 39/40 (dal lunedì al venerdì dalle ore 08:30 alle 10:30);
·       Centro socio sanitario “Nuove Frontiere” – Via Aristosseno 4 (lunedì, mercoledì e venerdì dalle 18:00 alle 20:00);
·       La Casa del Busto – Via Anfiteatro 144, Via Pupino 46/A (dal martedì al sabato dalle ore 09:00 alle 13:00 e dalle 16:45 alle 20:30);
·       Tombolini Officine Ortopediche – Via Minniti 23 (dal lunedì al venerdì dalle ore 09:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 19:30);
·       Nuova Ortopedia Italiana – Via Bruno 38 (dal lunedì al venerdì dalle ore 09:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 19:00);
·       Ente Sociale Assistenziale Sanitario (Consultorio Familiare) – Via Temenide 72 (dal lunedì al sabato dalle ore 09:00 alle 20:00).
     Per ulteriori informazioni al riguardo contattare Francesco Vinci al  340 50 688 73.
Si ricorda che il gruppo di cittadini “TARANTO senza barriere”, riprenderà ad incontrarsi ogni venerdì alle 18:00,  a partire da VENERDI’ 12 GENNAIO 2018, presso la sede dell’Associazione “Contro le Barriere”, sia per questa iniziativa che, per organizzare altre azioni di sensibilizzazione non solo nei confronti delle persone con disabilità, ma, anche, di quelle che vivono in condizione di disagio sociale ed economico.

 

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