La disgrafia, ultima disgrazia degli alunni italiani

Pare di vederli seduti in classe, intenti a seguire la maestra mentre detta parole e lettere nuove in sequenza. La penna si inceppa sul foglio, le mani dalle dita non trovano la posizione giusta e faticano persino a tenere la biro ben salda. Si spazientiscono, rimangono indietro rispetto ai compagni e con il broncio gettano per terra la penna. Il quaderno è una cartina di parole scarabocchiate appena e i segni indecifrabili.

Questi sono i sintomi della disgrafia, un disturbo che secondo la legge 170/2010 fa parte dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento tanto quanto la più nota dislessia.

Non si tratta di una patologia, ma, più in generale di una difficoltà che presentano i bambini nei primi due anni di scuola primaria ad impugnare in modo corretto la penna e quindi di conseguenza a scrivere in maniera leggibile. Negli ultimi tre anni gli alunni affetti dalla disgrafia sono aumentati precipitosamente.

I NUMERI. Secondo i dati raccolti dal MIUR, infatti, si parla di un incremento del 90,3% dal 2014 allo scorso anno scolastico. Tanto che oggi sono quasi sessantamila (57259 per esattezza) i ragazzini che in età scolare presentano difficoltà nella scrittura.  Secondo quanto rilevato dall’Associazione Italiana Disgrafie, il 44% dei bambini che frequentano la scuola materna presentano accenni di questo disturbo, e,  il 77% di questi le ha anche durante le elementari.

La spiegazione non è una sola, le cause sono diverse, ma, il motivo preponderante è che ai bambini non si insegna più a utilizzare la motricità fine. Le bimbe non giocano più a infilare le perline colorate in un filo sottile per comporre collane e bracciali. I maschietti hanno messo da parte le vecchie costruzioni che li obbligavano a impugnare tra le dita quei pezzi così piccoli e incastrarli tra di loro. I bambini di oggi sono più avvezzi agli strumenti elettronici, ai videogiochi o cellulari che ad altro. E dunque in seconda elementare gli alunni che non hanno ancora imparato a impugnare la penna come si deve sono sempre di più in tutta Italia.

LA DIAGNOSI. Proprio al secondo anno di scuola primaria viene effettuata la diagnosi dal distretto sanitario. Preso atto del disturbo del minore, l’Asl competente non può far altro che segnalarlo alla scuola e stabilire delle strategie compensative o dispensative. In soldoni significa che il bambino verrà aiutato o attraverso delle scorciatoie, come ad esempio l’abbandono del corsivo per utilizzare solo il più semplice stampatello, o in alternativa come misura estrema consentendogli di scrivere con il computer, ma, secondo l’Associazione Italiana Disgrafie, tutto questo non aiuta i bambini a migliorare, perchè sarebbe necessario, invece, prevenire, già durante la scuola dell’infanzia. Rieducare quando il difetto è già in stato avanzato è molto più complicato e l’alunno rischia di portarsi le lacune per anni.

I disgrafici rimangono spesso indietro rispetto ai compagni. Non riescono a trascrivere le lettere, coprono il foglio col braccio, faticano persino a leggere i compiti sul diario. I problemi se li trascinano fino alle superiori, tanto che sono 20mila circa gli alunni con difficoltà nella scrittura nei licei e istituti tecnici.

L’A.I.D.  denuncia la mancanza di un albo di rieducatori, di esperti grafologi, così i genitori non sanno a chi rivolgersi.

 

 

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