Anziani e barriere architettoniche in casa …

Per infilare la carrozzella o non avere inciampi per le stampelle, anche il modo di concepire una cucina dovrebbe essere rivisto per un Paese che invecchia. Quindi via sportelli e scaffali quindi.

La casa deve essere ripensata per le esigenze di chi ha superato i 65 anni e non ha più le capacità fisiche per sopportare pesi o stare in piedi.

Secondo i dati raccolti dall’associazione AeA, l’80% degli anziani è proprietario dell’appartamento dove vive e il 70% ne è l’intestatario. Il 7% della popolazione over 65 non ha un impianto di riscaldamento, né autonomo né centralizzato, e il 19,4% possiede solo stufette, molto pericolose per il rischio intossicazione da monossido di carbonio.

Una quota elevata, circa il 76%, abita in palazzi senza ascensore o gravati da barriere architettoniche.
Far vivere meglio gli anziani, riqualificando il patrimonio immobiliare esistente dovrebbe essere quindi una priorità per i governanti e le amministrazioni.

Il patrimonio pubblico risale agli anni ’60-’70 e negli ultimi anni è stato trascurato. Spesso si parla di una progressiva assenza di manutenzione. Le ristrutturazioni sono state insufficienti.

La soluzione potrebbe essere quella di ripartire dalla programmazione degli interventi. Viviamo in un Paese dove non si programma ma si vive di emergenze. Ognuno ha le proprie responsabilità, dai Comuni al Parlamento.

Oggi sono tanti gli elementi di spesa pubblica che possono essere utili ma non si mettono in pratica.

La politica della casa va supportata con risorse certe che oggi non ci sono e le norme devono essere certe. Un esempio sono le norme di tutela e abbattimento delle barriere architettoniche esistono, che non possono continuare a non essere attuate e vengono rinviate continuamente, a fronte di una popolazione anziana che cresce vertiginosamente. Non si attuano politiche serie sulla riqualificazione urbana, come strumento per far vivere meglio gli anziani. Il rapporto dell’Unione sugli anziani spinge affinché si collochi di nuovo l’attenzione sulla casa.

La gente infatti vuole rimanere nella propria abitazione e non andare in istituto. Ma occorre nel frattempo migliorare la qualità dei rapporti di vicinato. Intervenire sul degrado, strutturale e sociale, è un compito tuttavia imponente che andrebbe in capo ai gestori di patrimoni pubblici ed all’Inps che gestisce un grande numero di immobili.

Per concludere, è doveroso segnalare che a fronte di quanto esposto, esistono in varie parti d’Italia delle buone pratiche realizzate, che possono dare risposte alle domande di un alloggio, una sistemazione adeguata alle esigenze e una rete di assistenza.

Un esempio è “Il condominio solidale” aperto ad Osimo. Lo stabile è in affitto dalla Curia, ogni inquilino ha la propria camera con bagno e condivide con gli altri uno spazio comune. Per far parte di questa comunità le persone vengono scelte da un team di professionisti (psicologo, counselor e volontari formati) sulla base di un elenco offerto dai servizi sociali del comune. Gli inquilini non sono solo anziani, ma anche mamme sole o giovani senza lavoro.

Il problema più grande è superare le barriere culturali ed educare le persone ad abitare insieme e a trovare una soluzione collettiva dei problemi.

Se ritenete opportuno approfondire questa discussione e, nel caso, organizzare azioni conseguenziali,  siete invitati a partecipare venerdì 19 gennaio alle 17.30, ad uno degli incontri che, ogni venerdì organizza il gruppo cittadino, denominato TARANTO SENZA BARRIERE, presso la sede l’Associazione “Contro le Barriere” a Taranto in Via Cugini 39/40, per organizzare azioni, attività ed eventi di sensibilizzazione non solo sulle problematiche dei cittadini con disabilità, ma, anche di quelle delle persone che vivono in condizione di disagio sociale ed economico, al fine di raggiungere risultati concreti.

 

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