Loris apre la porta tutto sorridente. Si presenta, ci invita a entrare e poi ci offre un caffè. Ha 62 anni, gli piacciono le letture a tema geografico ed è uno degli inquilini che abitano nei sei mini-appartamenti dell’Oasi, un cohousing multietnico per la vita indipendente delle persone disabili, realizzato sotto le Due Torri, grazie alla partnership tra Asp Città di Bologna, Comune, Azienda Usl e sede territoriale dell’Aias (Associazione italiana assistenza spastici).
“Qui mi trovo benissimo, la gente è cordiale e sono molto contento. Inoltre sono vicino al centro”, dice Loris. Ma quest’omone con la barba bianca è anche il portiere “sociale” della palazzina, uno stabile grigio con le porte di un bel rosso vivo, l’ascensore e le terrazze di plexiglass trasparente che si trova vicino alla stazione. Così è lui a portare via la spazzatura di chi fa fatica a raggiungere i bidoni dell’immondizia, a telefonare a chi di dovere in caso di problemi di riscaldamento, ad andare al Banco di solidarietà che è lì di fianco a ritirare i generi alimentari per poi distribuirli agli altri ospiti dell’Oasi
Gli ospiti dell’Oasi.
Nel palazzo, infatti, abitano anche Blerta (33 anni, di Tirana, laureata in Storia all’Università degli Studi di Bologna, che cammina con difficoltà), Marianna (neanche quarant’anni e una forma piuttosto grave di Parkinson giovanile), Graziano (che ha 44 anni e una fidanzata in carrozzina che vive con la madre), Tibe e il suo compagno Sium, entrambi eritrei (lei ha un’invalidità parziale a causa di un intervento chirurgico al cervello), Said e la moglie Sadya, provenienti dal Marocco (lui ha avuto un ictus, ora cammina male e si sposta su una sedia a ruote). Si sono trasferiti tutti tra gennaio e febbraio di quest’anno – alcuni prima stavano in un alloggio di transizione di proprietà pubblica, sempre a Bologna -, le coppie di origine straniera sono in Italia da oltre dieci anni e quasi tutti lavorano. C’è chi fa la donna delle pulizie, chi l’operaio, chi è occupato in una cartolibreria o in una cooperativa sociale.
Monolocali e spazi comuni.
Per i circa 28 metri quadrati dei monolocali già abitati (uno degli appartamenti, leggermente più grande e con una terrazza enorme all’ultimo piano, è ancora vuoto), i condomini pagano un affitto a canone concordato di circa 280 euro, a cui si aggiungono le spese di condominio, e da luglio in poi, ultimati i lavori di ristrutturazione, potranno usufruire anche dei locali comuni al piano terra, destinati a ospitare lavatrici o lavasciuga, fili per stendere il bucato, assi da stiro, un paio di divani e una cucina comune, ma anche feste e altre attività di relazione, socializzazione o per il tempo libero che saranno decise insieme dagli abitanti, come per esempio una sala tv o una piccola palestra. Uno spazio da condividere all’insegna dell’autonomia in compagnia. A fare da mediatore condominiale c’è un educatore dell’Aias di Bologna, che si preoccupa di controllare che tutto proceda per il meglio, facendo due chiacchierare spensierate o ascoltando problemi e difficoltà. Perché il bello del cohousing è proprio questo: responsabilità condivisa, momenti insieme, reciproco aiuto, pur mantenendo ciascuno la propria indipendenza abitativa.