Chi sono i Caregiver

Chi sono per la legge oggi i caregiver? Che diritti e tutele hanno? Tutte le misure concretamente a disposizione di chi assiste un familiare non autosufficiente, tra permessi al lavoro, anticipo della pensione, agevolazioni e detrazioni fiscali.
I caregiver sono coloro che assistono un parente ammalato e/o disabile. Il termine deriva dall’inglese e significa “colui che si prende cura”.

QUANTI SONO I CAREGIVER?
Secondo l’Istat (ultima indagine del 2011) i caregiver in Italia sono 15.182.000: un numero spaventoso, un quarto circa della popolazione italiana. Persone che, nel contesto familiare, si prendono cura regolarmente di qualcuno. Corrispondono al 38% della popolazione dai 15 ai 64 anni, di cui il 55% rappresentato da donne tra i 45 e i 55 anni, che spesso svolgono anche un lavoro fuori casa ma che nel 60% dei casi hanno dovuto abbandonare, per dedicarsi a tempo pieno (in media 7 ore al giorno di assistenza diretta e 11 ore di sorveglianza) alla cura di chi non è più autonomo in famiglia.

COSA FANNO I CAREGIVER?
Ben 3.329.000 caregiver si prendono cura di adulti anziani, malati, disabili; 10.944.000 sono i genitori che si prendono cura di figli minori di 15 anni; 2.666.000 sono i nonni che si prendono cura di altri bambini.
I caregiver possono essere anche anziani e malati a loro volta, che si occupano di loro cari ancora più in difficoltà. Ma anche giovani tra i 15 e 16 anni, che in Italia sono 169mila e dividono il loro tempo tra scuola e cura, rischiando di restare isolati dai compagni e di isolarsi emotivamente e socialmente.

C’E’ UNA LEGGE CHE TUTELA E AIUTA I CAREGIVER?
Secondo l’avvocato Nicola Lorenzi, esperto di tutele, membro del comitato scientifico dell’Associazione InCerchio di Milano e dell’Associazione Moov-it Onlus di Milano, non esiste ancora una legge che stabilisca diritti e doveri dei caregiver. I doveri sono già insiti nel ruolo di chi si deve inventare giorno per giorno soluzioni e strategie. I diritti non sono ancora stati definiti. Come manca ancora una vera e propria definizione legislativa della figura del caregiver.

L’unico riferimento normativo è la Legge 205/2017 (Legge di Bilancio 2018), all’articolo 1 per la prima volta, istituisce un fondo statale per i caregiver. Nel comma n. 254 si stabilisce l’istituzione di un fondo per 3 anni di 60 milioni di euro. Quindi 20 milioni all’anno a disposizione di iniziative per chi ha il ruolo di cura e assistenza del familiare. La copertura finanziaria esiste ma poi come si spenderanno le risorse non lo sappiamo ancora: il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non ha ad oggi ancora emanato i decreti attuativi necessari per stabilire le misure specifiche. Il fondo quindi resta nelle cose da fare del nuovo governo.

CHI SONO PER LA LEGGE I CAREGIVER.
Sempre, all’art. 1 (comma 255), per la prima volta si cerca di dare una definizione del caregiver, a cui sarebbero poi destinate le risorse stanziate con il comma 254. In realtà, più che di una definizione si tratta di una classificazione di chi può essere considerato, in base a questa legge, un caregiver. Per fare questo, inoltre, si rimanda a una serie di altre norme, così da risultare il tutto ben poco comprensibile per persone non esperte. Viene, in sostanza, fatto un elenco.
– Il coniuge, il convivente di fatto e l’altra parte dell’unione civile possono essere caregiver dell’altra parte della coppia.
– Un familiare può esserlo di altro familiare entro il secondo grado (ad es. nonno/nipote o fratello/sorella)
– Un coniuge può esserlo degli affini (parenti dell’altro coniuge) entro il secondo grado (ad es. cognati o nonno dell’altro coniuge).
– Un familiare può essere caregiver anche di un parente di terzo grado (es. bisnonno o zio o nipote di zio), ma, in questo caso, può esserlo solo nei casi previsti dall’art. 33 comma 3 della legge 104 del 1992 e solo nel caso in cui questo parente sia riconosciuto invalido ai sensi dell’art. 3 della legge 104 della 1992 o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 18 del 1980.

Purtroppo, però, il Legislatore ha dimenticato alcune persone, tra cui quelle con cecità o sordità, a cui spettano per legge delle indennità di accompagnamento, ma, che non sono previste dalla legge 18 del 1980 espressamente richiamata dalla Legge di Bilancio.

Un sicuro progresso, quindi, ma che necessiterà sicuramente di alcuni aggiustamenti e bilanciamenti, così da includere quantomeno altre patologie e malattie altrettanto gravi e altrettanto necessitanti di assistenza e cura» prosegue l’esperto.

LEGGE REGIONALI.
Per diversi anni la Legge Regionale n. 2 del 2014 dell’Emilia Romagna è stata l’unica legge che effettivamente riconosce e sostiene il caregiver, a cui è seguita anche l’istituzione della Giornata del caregiver (l’ultimo sabato di maggio), cioè colui che in forma volontaria e in modo gratuito e responsabile si prende cura di una persona cara in condizioni di non autosufficienza. Finalmente, insomma, si dice quello che nei fatti fa il caregiver e si indica ciò che serve per aiutarlo.

Nella legge si dà spazio, ad esempio, alla creazione di una rete di sostegno per il caregiver, in modo da non lasciarlo solo nelle problematiche quotidiane e consentirgli di vedere riconosciute le competenze maturate.

Nel 2017, sul modello dell’Emilia Romagna, anche la Campania si è dotata di una legge regionale sul tema, che ad esempio ha istituito il Registro dei caregiver: un elenco a cui potersi iscrivere, così da avere una raccolta di dati e competenze maturate nell’ambito di assistenza e cura alla persona. Man mano altre regioni cominciano a occuparsi della questione, più semplice da gestire a livello locale che nazionale, anche in base agli specifici compiti suddivisi per legge tra Comuni, Regioni e Stato centrale.

IL PAI E IL CAREGIVER.
Oltre alla definizione del caregiver, la legge regionale citata ha il merito di dare un’attuazione concreta e virtuosa al PAI, uno dei pochi appigli concreti oggi a disposizione del caregiver. Il PAI (Piano Assistenziale Individuale) è l’evoluzione del concetto di “progetto individuale per le persone disabili” introdotto dalla Legge nazionale 328 del 2000. Il PAI è usato ormai in ambito socio-sanitario-assistenziale in molte realtà. Ad esempio, nelle Residenze Sanitarie per anziani la stesura di un PAI è ormai prassi da molto tempo. A livello regionale e locale gli utilizzi sono svariati, anche nel settore pubblico (consente per esempio l’accreditamento delle strutture). Ovviamente, come in tutti i settori ci sono esempi virtuosi e altri meno, anche perché molto dipende dai fondi disponibili e messi a disposizione per la fase di attuazione. L’Emilia Romagna ha compreso come sia necessario (ancor prima che molto utile) coinvolgere il caregiver in modo attivo nel percorso di valutazione, definizione e soprattutto realizzazione del Piano Assistenziale, per far sì che il malato resti presso la propria abitazione. L’auspicio è che, a ruota, altre regioni si attivino concretamente in tal senso.
Il PAI ha lo scopo di evitare di dare a tutti i malati una risposta uguale e generalizzata, ponendo invece l’attenzione sulla personalizzazione degli interventi socio-sanitari di cui ha bisogno la persona. La persona, dunque, viene posta all’attenzione di una équipe che lavora per conoscere i suoi bisogni, la sua storia, le sue potenzialità e le sue aspettative e in base a queste analisi organizza interventi affinché i bisogni vengano soddisfatti e le potenzialità residue incoraggiate e rafforzate. Così facendo si riesce a mettere in rete la persona ammalata e il suo caregiver con i vari servizi sanitari (per esempio il medico di base e i servizi sociali). L’obiettivo è creare un piano di cura e assistenza personalizzato che inizia con l’anamnesi dell’ammalato e della disponibilità economica della famiglia, per poi studiare una serie di interventi coordinati, dalle terapie agli ausili di cui la persona può aver bisogno a casa.

Il caregiver viene coinvolto direttamente nel preparare il Pai: per esempio partecipa a riunioni con i servizi sociali e sanitari o partecipa a corsi formativi, che da un lato lo aggiornano, dall’altro lo aiutano a sentirsi meno solo. L’Emilia Romagna ha capito che gran parte delle azioni concrete è in capo alla famiglia e a partire dalla famiglia cerca di intervenire, in modo da permettere al caregiver di affrontare al meglio le possibili difficoltà o urgenze e di svolgere le normali attività di assistenza e cura in maniera appropriata. Chi infatti più del caregiver può spiegare, in prima battuta, ai medici o ai servizi socio-sanitari di cosa nello specifico ha bisogno il proprio familiare e quali rischi corre senza un’effettiva assistenza?

In un prossimo articolo, affronteremo questo argomento trattando altri aspetti, come i diritti e le tutele dei caregiver, nonché quelli fiscali.

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