Tutela medico-legale delle cefalee

Il cittadino affetto da qualsiasi forma di cefalea, diagnosticata ed opportunamente certificata,  può formulare richiesta rispetto alle diverse forme di tutela previste e di seguito riportate.

In termini generali, lo strumento guida per le valutazioni medico-legali delle Commissioni  per l’accertamento della Invalidità civile è costituito dall’applicazione di un sistema tabellare quale  quello previsto ai sensi del Decreto del Ministero della Sanità del 5 febbraio 1992 http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1992/02/26/092A0771/sg.

Iriconoscimento del cittadino affetto da cefalea, utile ai fini applicativi certificativi e di altri benefici  di tipo assistenziale ed eventualmente economico, risulta oltremodo complesso dal momento che la diagnosi non si basa su elementi obiettivi, e quindi facilmente riproducibili e verificabili, bensì sulla soggettività del paziente e sull’osservazione clinica, continua e puntuale.

Tali caratteristiche rendono la patologia “cefalea” non direttamente ed automaticamente collocabile in alcuna delle voci tabellari e, quindi, non correlabile ad alcuna percentuale. Infatti, nel sistema tabellare nazionale non sono presenti riferimenti diretti al tema delle sindromi cefalalgiche ed alle algie in generale.

E’ possibile, altresì, operare un tentativo di confronto, in via analogica, rispetto alle patologie presenti nel sistema tabellare ai sensi del D.M. 5 febbraio 1992, ricordando che:

  • i pazienti cefalalgici sono affetti da manifestazioni (“attacco di cefalea”) a cadenza settimanale o plurisettimanale, con conseguenze nel comportamento e riflessi nel contesto socio-affettivo ed economico sociale;
  • la manifestazione algica (“attacco di cefalea”), specie se di forte intensità, può determinare incapacità ad attendere alle attività quotidiane e strumentali di base, per la fase acuta, e per l’immediata e successiva fase post-acuta;
  • i cefalalgici inoltre, a causa dei sintomi associati, nella fase di attesa di un nuovo “attacco”, nutrono una sorta di “ansia anticipatoria” tale da instaurare una complessiva disabilità funzionale, anche nei periodi liberi dalla fase acuta, alimentando così un circolo vizioso che crea, a sua volta, presupposti stressogeni per la realizzazione di nuove manifestazioni;
  • la paura di una nuova manifestazione acuta (“attacco di cefalea”) può portare a stress emotivo, ansietà e problemi relazionali (disabilità psicologica), sino a forme ansiose depressive.

Un recente studio Canadese ha riportato che il 31% degli emicranici abbia cancellato impegni familiari ed il 30% attività sociali. Più della metà dei cefalalgici interpellati ha affermato che l’emicrania interferisce con i loro rapporti familiari in un modo o nell’altro.

Quindi, nel tentativo di confronto con patologie già tabellate, riteniamo utile porre l’attenzione sulla frequenza degli episodi acuti, sulla presenza o meno di disturbi della memoria, sulla co-presenza di forme ansiose-depressive: tutto ciò porta ad indicare in via analogica, p.es., lo stato di male epilettico e le diverse forme di espressione clinica in senso qualitativo e quantitativo,
che nel sistema tabellare sono valutate con una percentuale compresa da un minimo del 91% (crisi plurisettimanali in trattamento) ad un massimo del 100% o, ancora, a sindrome depressiva endoreattiva che, a seconda della gravità, è valutata dal 10 al 40% (si ricordi che la depressione endogena viene valutata fino all’80%, nei casi particolarmente gravi).

Secondo l’articolo 1 della Legge 104/92 “è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica psichica o sensoriale stabilizzata o
progressiva che è causa di difficoltà di apprendimento di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.

Si considera, dunque, la sussistenza di una minorazione di qualunque genere, ma, soprattutto, ci si riferisce alle concrete ripercussioni da essa derivanti. In questo senso la persona viene considerata in modo globale e non solo limitatamente all’ambito di produttore di beni economicamente apprezzabili.

Ancora, l’articolo 3 della medesima legge evidenzia che “Ha diritto alle prestazioni … in relazione alla natura ed alla consistenza della minorazione alla capacità complessiva individuale residua ed alla efficacia delle terapie riabilitative”, sottolineando come il vivere non sia estrinsecazione del solo agire, ma espressione di attività di natura fisica ed intellettuale che concretizzi in modo attivo il vivere con capacità di adattamento all’ambiente circostante.

La Legge 104/92, risulta dunque ben applicabile (previo accertamento di invalidità o di “handicap”) ai cittadini affetti da “cefalea”, essendo tale patologia, soprattutto in considerazione delle ripercussioni psicologiche, causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

Pertanto, a nostro avviso, il cittadino affetto da cefalea può avere diritto, per esempio, a precedenza rispetto all’avvicinamento della sede di lavoro, in considerazione dell’eventuale ruolo causale dei trasferimenti rispetto alle manifestazioni acute e, ancora, a prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro, che valorizzino le abilità di ogni persona con disabilità, e agiscano sulla globalità della situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunità.

La patologia “cefalea” è diffusa, ubiquitaria e colpisce una popolazione giovane e produttiva e pertanto presenta rilevanza anche socio-economica.

Pertanto, relativamente ai cittadini affetti da cefalea, a nostro avviso, può essere applicata, anche, la Legge 68/99 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili” che prevede il collocamento ed il ricollocamento, del lavoratore con riduzione della capacità lavorativa maggiore del 50% per la disabilità causata dalla cefalea, in considerazione di fattori stressogeni presenti nell’ambiente di lavoro, scatenanti ovvero favorenti le crisi di cefalea (videoterminale,
rumore, mansioni che prevedono movimenti ripetitivi).

Proposte regionali
Un tentativo di precisare l’applicazione della normativa nazionale rispetto all’applicabilità delle forme di tutela sociale, individuando la riferibilità della patologia ad una griglia gabellare è stato proposto dalla Regione Lombardia, con la Circolare regionale 14 dicembre 2006, n. 30, “Indicazioni operative per la valutazione delle cefalee nell’ambito dell’invalidità civile”. Tale
circolare aggiunge al sistema tabellare nazionale per il riconoscimento della invalidità (DM 5 febbraio 1992 e DM 14 giugno 1994) una Tabella orientativa, quale strumento utile per l’accertamento (sulla base della ICHD-II, 2004) e per la valutazione della “cefalea” a cui viene attribuita una invalidità graduata dal 15 al 46% a seconda dell’intensità della malattia, come riportato nella seguente tabella.

Tale approccio, basato sulle caratteristiche di frequenza, durata ed intensità degli attacchi di cefalea, non riflette, appieno, l’impatto della singola invalidità sulla capacità di un individuo di compiere liberamente le attività della vita quotidiana (ivi comprese quelle lavorative), ovvero risulta non sufficiente sia per la valutazione del disabile in funzione dell’accertamento dei requisiti della Legge n.104/1992 così come della valutazione della idoneità a lavoro o a specifiche mansioni (L. n. 68/99), ovvero della capacità di inserimento lavorativo dello stesso disabile. Inoltre si precisa che il punteggio, pur massimo del 46%, non dà diritto a benefici economici (previsti per invalidità pari o
superiori al 74%), anche solo, utili in riferimento alla variabile previsione della compartecipazione alla spesa sanitaria (esenzione ticket).

Indicazioni per la certificazione utile ai fini dell’accertamento di stato di invalido civile
La certificazione atta all’accertamento della condizione di invalido civile in senso tabellare (laddove possibile) spesso non risulta idonea a definire il reale impatto del cittadino “cefalalgico” nelle attività di vita quotidiana.

La metodologia da utilizzare deve necessariamente superare la semplice prospettiva descrittiva monodimensionale (cioè, porre la sola diagnosi di patologia, automaticamente correlata ad una percentuale di invalidità) adottando una impostazione descrittiva pluridimensionale, partendo dalle menomazioni che alterano l’equilibrio psicofisico, per evidenziare il reale svantaggio sociale dell’ammalato/invalido (attività lavorativa, rapporti familiari, relazioni sociali) e quindi definire le residue capacità positive, sulle quali imperniare eventualmente anche un processo di reinserimento/ricollocazione nel contesto lavorativo-ambientale ed anche, in generale, di conseguenza con attenzione alla vita socio-relazionale.

Utilizzando i 4 domini (funzioni corporee; strutture corporee; attività e partecipazione; fattori ambientali) dell’ICF (classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute) ed il concetto di menomazione espresso dall’AMA (American Medical Association, impatto della singola invalidità sulla generica capacità dell’individuo di compiere attività di vita quotidiana, cosiddette “activities of daily living –ADL-, instrumental activities of daily living – IADL-), possiamo desumere che, per rendere applicativa ed idonea la certificazione questa deve descrivere non solo la metodologia di accertamento della menomazione anatomica (“impairment”) attraverso strumentazione adeguata, e quindi la frequenza, durata e intensità degli attacchi di cefalea, ma anche la reale conseguenza dello stesso fenomeno sulle capacità globali dell’individuo, anche negli intervalli temporali tra gli attacchi.

Più precisamente, ed in termini pratici, nell’ambito della descrizione certificativa, è necessario proporre:

  • anamnesi accurata;
  • diagnosi certa (eventuale base anatomica non suscettibile di restituito ad integrum ovvero, se sostenuta da processi patologici ad evoluzione progressiva);
  • concomitanza di altri quadri patologici (p. es, ansia, depressione problemi visivi, cranio- mandibolari – comorbilità);
  • presenza o meno di fattori scatenanti;
  • caratteristiche degli episodi acuti;
  • durata dell’episodio acuto;
  • frequenza degli episodi acuti;
  • sede del dolore;
  • intensità del dolore;
  • caratteristiche del dolore (p.es, trafittivo, retrorbitario che sveglia il paziente nel sonno, etc);
  • durata del dolore;
  • frequenza del dolore;
  • segni e sintomaticità prodromica (p. es. ,tipologia dei prodromi, durata e frequenza degli stessi ed intervallo temporale rispetto alla fase di acuzie algica);
  • segni e sintomi associati durante la fase algica (p. es, alterazione dei parametri vitali, alterazione dello stato di veglia, anisocoria, etc);
  • segni e sintomi durante la risoluzione (p.es, rigidità nucale, tremori, etc);
  • comportamento del soggetto durante le fasi dell’episodio e del dolore;
  • effetto delle terapie adottate e di quella eventualmente attuale;
  • presenza di terapia per gli eventi acuti, e quella resasi necessaria come strategia preventiva al fine di ridurre la frequenza e la gravità degli attacchi nel lungo termine;
  • caratteristiche degli intervalli temporali liberi (frequenza, durata, tipologie, etc);
  • coinvolgimento emotivo circa la propria sofferenza (e circa la paura degli attacchi);
  • preoccupazione circa la propria capacità di far fronte a ruoli e responsabilità;
  • le difficoltà nello svolgere le attività quotidiane (eventualmente evidenziando scale tipo MIDAS) che nell’intraprendere un compito singolo o articolati;
  • possibilità o meno di gestire la tensione ovvero le interazioni e relazioni interpersonali.

Procedimento per il riconoscimento dell’invalidità civile
Si precisa che, a decorrere dall’1 gennaio 2010 (determinazione n. 189 del 20 ottobre 2009, in applicazione dell’articolo 20 della legge 3 agosto 2009 n. 102 “Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile”), le domande per il riconoscimento dello stato di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all’INPS esclusivamente per via telematica.

La procedura telematica è effettuata direttamente dal medico certificatore (che deve essere abilitato a tal fine).

La Commissione Medica dell’Azienda Sanitaria Locale (ASL) fissa la data della visita medica entro i tre mesi dalla presentazione della domanda e, se l’invalido è impossibilitato a muoversi, può essere disposta una visita domiciliare.

La Commissione Medica, dopo aver effettuato gli accertamenti sanitari di competenza, redige il verbale (in forma telematica e cartacea) della visita nel quale esprime il proprio giudizio medico-legale e trasmette copia del verbale di visita completo della documentazione presentata dall’utente alla Commissione Medica Superiore presso la sede INPS provinciale, che si pronuncerà sul giudizio emesso dalla Commissione Medica ASL, convalidandone il giudizio o disponendo nuovi accertamenti sanitari.

Avverso il mancato riconoscimento sanitario è ammesso il solo ricorso in giudizio entro 180 giorni a pena di decadenza dalla notifica del verbale sanitario. Le recenti innovazioni non prevedono l’introduzione del ricorso amministrativo né di altre forme di contenimento del contenzioso.

La recente normativa introduce la qualificazione dell’INPS come unico legittimato passivo e l’INPS diventa unica “controparte” nei procedimenti giurisdizionali civili relativi a prestazioni sanitarie previdenziali ed assistenziali.

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